Il pinguino non ha mai fatto ridere
di Giulio Mazzolini, Ottobre 2001
Nel Corriere della Sera di lunedi 15
ottobre è apparso un intervento di Michele Polo dal
titolo: Linux, il pinguino non fa
più sorridere. L'articolo ha il pregio di presentare in
forma non polemica la nuova realtà del software libero (che
nell'articolo viene sempre chiamato open
source). Il titolo ovviamente si riferisce alla Microsoft e alle
grandi
case di produzione del software, che all'inizio consideravano Linux un
giocattolo
e che adesso incominciano a preoccuparsi.
Michele Polo, rifacendosi ad un lavoro di Josh Lerner e di Jean Tirole The simple economics of Opern Source, ci spiega come ma un modello così diverso da quello proprietario, sin qui utilizzato per lo sviluppo del software, abbia avuto così tanto successo.
Polo (e suppongo di Lerner e Tirole, non ho letto questo testo) cerca di dare una spiegazione economica al fenomeno. Dice che i programmatori che sviluppano software open source lo fanno in verità per ottenere un riconoscimento alle loro capacità (career concern), che altrimenti, nel modello proprietario, non riuscirebbero ad avere per la difficoltà di entrare in quel mondo e per la difficoltà che il lavoro dello sviluppatore sia conosciuto all'esterno dell'azienda che sviluppa software proprietario.
Tutto quanto dice Polo è
abbastanza vero, ma non è tutta la verità. Sfugge al Polo
la vera dimensione del software libero e di quelle che sono molto
probabilmente le molle più potenti che stanno dietro al modello
di sviluppo libero. D'altra parte Polo, utilizzando sempre e solo il
termine open source, non
usando mai il termine peraltro più corretto, di free software o di software libero, denuncia una sua
ignoranza della realtà del movimento del software libero o
semplicemente non ne vuole parlare. Mi sembra doveroso quindi rimettere
le cose al posto giusto e spiegare quelle che sono le vere motivazioni
del successo di Linux.
Il termine open source è di origine molto recente, è nato solo alcuni anni fa su iniziativa di alcuni svuluppatori di software libero, in polemica o quantomeno per differenziarsi dal mondo, più antico e con basi teoriche molto più solide, del softwarae libero, nato negli anni '80 su iniziativa di R.M. Stallman e della Free Software Foundation. La FSF parla molto di più di libertà di espressione e di diffusione del sapere, il movimento open source ha eliminato le problematiche legate alla libertà e ha cercato di mettere in evidenza unicamente i vantaggi economici che il modello free software, ribattezzato per l'occasione open source, darebbe allo sviluppatore e alle aziende (Eric Raymond, uno dei promotori del movimento open source ha ben illustrato questi vantaggi nel suo scritto La Cattedrale e il Bazar).
Ma se anche i vantaggi economici descritti da Polo, il carrer concern esistono, non sono sufficienti a spiegare il fenomeno di cui stiamoparlando. Linus Torvalds non ha scritto Linux perché aveva una preoccupazione per la sua carriera, ma semplicemente perché aveva una spinta interna a sviluppare la conoscenza e la scienza. Così come gli scienziati fanno ricerca e scrivono non solo per avanzare nella loro carriera accademica, ma spesso per sincero desiderio di conoscenza e di progresso del sapere.
Quando Torvalds scrisse il suo kernel,si trovò a disposizione un numero impressionante di programmi liberi di ottima fattura che aggiunti al suo kernel sono diventati il sistema operativo che molti oggi, giustamente, preferiscono chiamare GNU/Linux, per dare un dovuto riconoscimento al ruolo del software sviluppato dal progetto GNU della FSF, senza del quale il kernel Linux non sarebbe mai diventato un sistema operativo. Torvalds inoltre rilasciò il suo kernel con una licenza, la GNU General Public Licence, che incoraggiò gli altri programmatori a collaborare nel progetto, sapendo che il loro lavoro sarebbe rimasto patrimonio della comunità e non di un singolo programmatore.
I programmatori scrivono software
libero anche perché oggi scrivere software proprietario
è pericoloso, si può incappare in violazionidel copyright
o di
brevetti di software proprietario di terzi. Chi scrive software libero
invece
può attingereliberamente a librerie e altro software già
pronto e liberamente
modificabile, per cui il suo lavoro diventa veloce e produttivo. Chi
acquista
software libero ha a disposizione il codice sorgente e può
modificarlo liberamente
anche dopo la scomparsa della società che ha sviluppato il
sofware (cosa
che non si può fare legalmente con il software proprietario, un
problema questo
che molti utenti di sofware di case poi scomparse hanno conosciuto).
Ma soprattutto il software libero è un modo di far progredire il sapere e le conoscenze scientifiche (nel software) senza vincoli. Così come dovrebbe essere sempre il caso quando si parla di ricerca tecnica e scientifica. Purtroppo oggi si assiste troppo sovente alla privatizzazione della ricerca (anche di quella fatta in ambito universitario) per cui si ritiene "normale" che i risultati della ricerca scientifica e tecnica non siano liberi, ma siano protetti, chiusi, non conoscibili e non utilizzabili da terzi.
In questo modo il sapere si frena. Come
si può vedere nel caso di Microsoft, dove uno scadente programma
monopolistico iperprotettoe chiuso impedisce che
si diffondano altri sistemi, che le conoscenze si amplino e si
migliorino. Un pittore non dipinge solo ed escusivamente per fare
carriera, lo fa perché si sente spinto a farlo, similmente uno
scrittore o un musicista. Non capire come possa succedere che un grande
numero di programmatori possa essere disposta a scrivere software per
il solo motivo che piace a loro scriverlo, volere a tutti costi cercare
le motivazioni economiche,
è una angolazione limitata e riduttiva.
Polo nel suo scritto
parla anche di un altro problema che potrebbe angustiare il software
libero: la frammentazione, la Torre di Babele, derivante dal fatto che
molti sviluppatori potrebbero modificare un
programma libero, creando diverse versioni, per cui riconosce la
necessità dell'esistenza di un leader che di fatto coordini il
lavoro.
Anche questo è vero ma di nuovo non è tutta la verità. Sicuramente la personalità e le capacità di L. Torvalds gli hanno permesso di coordinare il lavoro di molti programmatori. Ma vale anche l'opposto, molti programmatori hanno scritto versioni modificate di Linux per usi diversi, per esempio per sistemi embedded, creando una molteplicità di kernel che rappresentano non una frammentazione, ma una ricchezza per il mondo di chi lavora nel software o nell'hardware.
In questo caso noi parliamo di biforcazione dei programmi e riconosciamo in questo fenomeno un aspetto positivo, come positiva è sempre la molteplicità delle conoscenze rispetto ad un sapere unico. Quindi per concludere, la molla del software libero è stata sicuramente anche l'economicità, ma, voglia credermi Sig. Polo, senza il desiderio di libertà che anima una larga parte dei programmatori del mondo del software libero non ci sarebbe oggi nessun movimento open source e la Microsoft continuerebbe a sorriderebbe.
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