Piano FORTIC: l'occasione perduta


Sono un insegnante di un istituto professionale agrario che ha una passione morbosa per le cosiddette nuove tecnologie. Per hobby mi occupo d’informatica e di programmazione client server su piattaforme Microsoft e quel poco che so lo metto soprattutto a disposizione della comunità scolastica. La scorsa estate ho lavorato a due progetti personali, uno riguardante lo sviluppo di un portale dedicato alle scuole della Sardegna in rete, l’altro destinato a rimediare alla mia totale ignoranza su Linux. Da tempo covavo l’intenzione di esplorare il mondo dell’open source, la cui filosofia ho sempre condiviso in pieno. Grazie all’aiuto di Linux Magazine, di documentazione reperita nel Web, di suggerimenti ricevuti da amici on line, utenti Linux sempre pronti a darti una mano, sono riuscito senza lode e senza infamia a crearmi una piccola infarinatura di base e installare qualche workstation Linux nei computer della mia scuola, quelli in grado di supportare la convivenza con Windows in dual boot e il peso di un desktop KDE o Gnome. Lo scopo era soprattutto quello di introdurre Linux dalla porta di servizio e mostrare una piattaforma alternativa al software proprietario, soprattutto nell’intento di contrastare il triste costume della pirateria informatica, piuttosto radicato nelle comunità scolastiche, compresa la mia.

Alcuni mesi fa pubblicai sul nostro portale un lungo articolo in cui passavo ai raggi X alcuni aspetti relativi al Piano nazionale di formazione delle competenze informatiche, noto come piano UMTS, con l’intento di mettere alla luce gli scheletri che nasconde nell’armadio. Parte dei contenuti dell’articolo hanno riscosso un interesse - per me inaspettato - presso la comunità dell’open source, perciò ho raccolto l’invito di Antonio Bernardi a formulare un sunto per Linux Magazine.


Cos'è il Piano UMTS.

Per chi non ne fosse informato, il Piano UMTS è un megalitico programma di formazione avviato dal Ministero dell’Istruzione (MIUR) e finanziato con i proventi della concessione delle licenze UMTS. Il piano intende potenziare la competenza tecnologica e informatica degli insegnanti della Scuola italiana per mezzo di una rete di formazione, basata in parte sull’E-learning e in parte su corsi tenuti presso le scuole in tutto il territorio nazionale, con il coinvolgimento di circa 160 mila insegnanti. Nel piano sono previsti tre livelli di formazione: il livello A, destinato agli insegnanti dotati di modeste competenze, riprende in sostanza i contenuti dell’ECDL con l’aggiunta di alcuni moduli dedicati all’uso delle TIC nella didattica; il B è destinato ad insegnanti che si dovranno occupare di divulgare e coordinare l’impiego delle TIC nella didattica; il C, infine, è destinato ad un’elite di esperti che dovranno garantire il funzionamento e il potenziamento delle infrastrutture informatiche (hardware, software, reti e strumenti Web) nella scuola. E’ inevitabile pensare che per le sue proporzioni il piano rappresenta (o forse è il caso di dire “rappresentava”) un’ottima occasione per instaurare un’inversione di tendenza nella Scuola italiana.


Lo standard del software proprietario ha radici profonde nella Scuola e nella PA in generale.

Qualche anno fa un sistema operativo Linux era forse improponibile negli ambienti scolastici, anche se conosco esperienze felici che risalgono addirittura alla metà degli anni 90. Attualmente Linux è decisamente più user friendly e più familiare nell'ambiente grafico, pur mantenendo profonde differenze rispetto ad un sistema Microsoft. Nel frattempo però, la Scuola italiana e tutta la pubblica amministrazione, si è fossilizzata su uno standard proprietario di difficile sradicazione. La triste realtà è una corrispondenza univoca fra certe piattaforme e i relativi standard Microsoft. Inevitabilmente s’identifica un word processor con Word, uno slideshow con PowerPoint, un database con Access, un client di posta con Outlook. E guai a proporre browser alternativi ad Internet Explorer: a dicembre scrissi ad un responsabile dell’INVALSI, che si occupa del coordinamento e del monitoraggio del piano UMTS, che l’accesso ai contenuti del sito di riferimento, http://monfortic.invalsi.it, era impedito ai browser dell’area Gecko/Mozilla a causa dell’impiego di codice Javascript, che usava il vecchio e obsoleto document.all. Dopo 15 giorni finalmente era stata fatta giustizia, i contenuti del database erano accessibili anche a Mozilla e Netscape, però da un po’ di tempo sono di nuovo costretto ad usare Explorer perché si è tornati ai vecchi script. E come se non bastasse, il cruscotto, l’interfaccia da usare per registrarsi e prenotare i corsi, usa script lato client basati su Visual Basic!

A prescindere da queste chicche, purtroppo frequenti negli spazi Web della pubblica amministrazione, il connubio tra Microsoft e E-government è ancora ben saldo. E' noto a molti che gli standard Microsoft sono avidi di risorse, non sono il massimo in fatto di stabilità e non offrono alcuna garanzia in termini di sicurezza. A questi difetti, che possono passare più o meno inosservati a chi ha poco a che fare con il computer, si aggiunge il costo sempre più elevato degli applicativi e la necessità di ricorrere a frequenti aggiornamenti delle suite e del sistema operativo se si vuole restare al passo. A prescindere da queste considerazioni, vengo al punto: nel corso di un seminario di presentazione del piano, tenutosi a Cagliari nel mese di novembre, un collega chiese se la formazione avrebbe colto l'occasione per divulgare il software libero, ma uno dei relatori ha esplicitamente risposto che il piano si baserà sugli standard Microsoft. Da informazioni ufficiose ho saputo che l’E-learning, allestito sul sito della Biblioteca di Documentazione Pedagogica per la formazione on line dei corsisti, si basa effettivamente su standard Microsoft e - oltre al danno anche la beffa - rifila informazioni non appropriate sull’open source. Tengo a precisare che si tratta di segnalazioni che ancora non ho potuto verificare di persona, ma questa mattina mentre aiutando un collega ad accedere allo spazio di formazione on line, ho colto l’occasione di curiosare entrando nel modulo relativo all’uso dei database. Ebbene, già alla seconda pagina (la prima riportava quattro o cinque righe d’introduzione) era necessario scaricare l’ultima versione del plug in di Macromedia Flash per accedere ai contenuti (vorrei proprio sapere perché al W3C si sono presi la briga d’implementare lo standard dell’HTML, che a quanto pare non piace a nessuno).


Il software proprietario non educa perché istiga all'illegalità e deprime l'autoconsapevolezza.

Sbagliare è umano, perseverare è diabolico. In tutto il mondo si moltiplicano gli esempi di pubbliche amministrazioni e imprese private che optano per il free software, perché mantenere gli standard di Microsoft e delle software house satelliti è sempre più oneroso. In Italia non troviamo di meglio che continuare a promuovere lo standard Microsoft nelle scuole, proprio nella sede che sarà deputata a fornire le competenze informatiche! Eppure diversi miei studenti non mi sono sembrati traumatizzati alla vista di un desktop grafico in ambiente Linux. Perché perdere l'occasione di promuovere sistemi alternativi fra i docenti della Scuola italiana? Non troviamo di meglio che ostinarci a promuovere soluzioni onerose che vincolano i nostri allievi e, peggio, li educano all'uso di software pirata. Nessuno dei miei studenti ha mai chiesto la certificazione per ricevere la licenza Microsoft Education per un sistema operativo Microsoft o per una versione di Office e fra i miei colleghi credo di essere l’unico imbecille che a suo tempo ha acquistato le licenze Education per Office 2000 e Visual Studio 6. Eppure tutti hanno il loro Word e il loro Excel installato chissà come. Tutto il merito va al caro masterizzatore, strumento indispensabile per restare al passo coi tempi, e ad una subdola strategia di marketing che, chiudendo un occhio sulla pirateria informatica, ha negli anni imposto uno standard che è ritenuto insostituibile. Complice di tutto questo è il sistema scolastico. Mi capita spesso di discutere con colleghi nella mia scuola o nei forum on line e quasi sempre ottengo la solita risposta: sì, è vero, ma Word lo usano tutti, perché usare Open Office? Già, perché? Forse perché abbiamo tutti paura dell’ignoto, forse perché esiste la volontà più o meno occulta di mantenere la Scuola, e di riflesso la futura società formata dai nostri studenti, in un Medioevo informatico, dove il sapere tecnologico è riservato ai potenti del software proprietario e a qualche eretico che parla inascoltato di software libero e sorgenti aperti.


La porta di servizio è forse l'unica aperta al software libero.

Morale della favola è che le alte sfere del MIUR continuano ad identificare l'informatica con Microsoft e solo attraverso iniziative individuali di colleghi smanettoni si riesce a introdurre Linux e il software libero nella didattica. Probabilmente l’unica strada percorribile è questa: lavorare zio Bill ai fianchi. L’open source è ancora un vero e proprio underground nell’universo scolastico, però le inversioni di tendenza si stanno moltiplicando nelle singole scuole e si tratta di iniziative vitali perché sono proprio le scuole che adottano Linux che sono all’avanguardia nell’uso delle TIC nella didattica. Da parte mia, piccolo utonto Linux che ancora non riesce a liberarsi dalla sua Microsoft-dipendenza, non posso che invidiare i colleghi di queste scuole e darmi da fare per colmare questo gap neotecnologico. Confidando più nelle mie forze che nel piano UMTS.

Ringrazio la redazione di Linux Magazine per aver dato spazio alle mie riflessioni e saluto cordialmente tutti i lettori.


Giancarlo Dessì

http://scuolesarde.cettolini.it

E-mail:gian@cettolini.it