IL SOFTWARE LIBERO NELLA DIDATTICA



Fulvio Ferroni



Nel numero scorso abbiamo affrontato il tema dell'uso del software libero ed in particolare di GNU/Linux nelle scuole italiane, sottolineando una serie di motivazioni didattiche, etiche e pratiche che indurrebbero a ritenere del tutto scontata una scelta di questo genere. Purtroppo sappiamo che la realtà è molto diversa e fra i motivi avevamo citato la politica del Ministero della Pubblica Istruzione relativamente all’introduzione delle nuove tecnologie nella scuola. In questa seconda "puntata" vogliamo approfondire il discorso, cercando di non limitarci a delle critiche sterili e inconcludenti, ma facendo anche delle proposte concrete.

Alcune considerazioni e idee presenti in questo articolo si trovano presso "Linuxdidattica"” all'indirizzo: http://www.linuxdidattica.org (fig. 1).


Il piano del M.P.I.


Verso la metà del 1997 il Ministero della Pubblica Istruzione ha elaborato un piano quadriennale denominato "Programma di sviluppo delle tecnologie didattiche 1997-2000" (PSTD), per il quale furono stanziati 1000 miliardi.

Nel sito del Ministero all'indirizzo www.istruzione.it/innovazione_scuola/ troviamo tutte le informazioni al riguardo; in particolare leggiamo:

"..... L'evoluzione socio-culturale verso la società dell'informazione ha reso necessario un adeguamento della scuola. Si tratta non solo di diffondere più rapidamente le tecnologie, ma anche di consentirne un'efficace utilizzazione".

".....Per questo il Ministero della Pubblica Istruzione ha promosso il: Programma di Sviluppo delle Tecnologie Didattiche 1997-2000."

"....Il programma ha fissato tre grandi categorie di obiettivi:

Come si vede, grande enfasi viene posta sull'utilizzo di strumenti multimediali ed infatti la circolare n. 282 del 4/4/97 che ha avviato il piano, si preoccupava soprattutto di dare indicazioni circa l'acquisto, da parte delle scuole, di hardware multimediale, lasciando inizialmente in secondo piano altre questioni, come quella della formazione del personale.

Tutto il piano pare impostato sull'uso (didattico) di strumenti multimediali mentre appaiono abbastanza trascurati gli aspetti relativi ad una reale comprensione delle logiche che stanno alla base delle nuove tecnologie.
Sembra quindi che, secondo il Ministero, per far recuperare alla scuola i ritardi accumulati nei riguardi della cultura informatica e delle nuove tecnologie in generale, sia sufficiente iniziare a diffondere l'uso passivo del computer. A mio parere non ci può essere idea più sbagliata.

Nella scuola italiana, è soprattutto necessario introdurre l'insegnamento dell'informatica e delle nuove tecnologie a tutti i livelli, in modo che si diffonda una reale cultura indispensabile al dominio della tecnologia, tanto da concorrere a recuperare il ritardo che in questo settore il nostro paese ha ormai accumulato. A tale riguardo, è interessante leggere il documento del prof. R. Meo del Politecnico di Torino, reperibile al sito di Interlex (www.interlex.it), in cui viene evidenziata in "modo impietoso" la non felice situazione italiana relativamente all'informatica e alle nuove tecnologie. A proposito dell'alfabetizzazione informatica nelle scuole l'autore afferma: "... non deve essere interpretata nel solo senso di insegnare l'uso del computer e degli applicativi, ma deve comprendere l'insegnamento della programmazione e di strumenti non grafici per l'uso del calcolatore".

Ci si deve rendere conto che, per iniziare ad utilizzare certi tipi di strumenti, è necessario prima diffondere conoscenze sulla loro logica di funzionamento, altrimenti ci troveremmo ad introdurre non una cultura informatica che domini la tecnologia, ma solo una serie di pacchetti software preconfezionati, su cui addestrare prima gli insegnanti e successivamente gli studenti. In tal modo, nella migliore delle ipotesi, le nuove tecnologie didattiche e la multimedialità porterebbero non ad una vera "formazione culturale" ma contribuirebbero solo a sfornare migliaia di "cyber-dattilografi".


L'importanza delle risorse umane


Qualcuno adesso potrebbe chiedersi come questi ragionamenti possano coinvolgere GNU/Linux ed il software libero.

In effetti, per il Ministero non c'è nessun coinvolgimento, tant'è vero che, nelle circolari riguardanti il PSTD, non troviamo traccia della possibilità di ricorrere anche a strumenti software di questo tipo. Questo è un altro grave errore e non solo per i motivi culturali e/o tecnici ampiamente illustrati nell'articolo precedente. Infatti l'uso massiccio di software libero, che spesso è anche gratuito, avrebbe comportato anche molti benefici economici:

In questo modo le risorse finanziarie a disposizione per la formazione del personale (altro anello debole di tutto il PSTD), sarebbero state maggiori di quanto stabilito dal Ministero (nel migliore dei casi il 5-6% della cifra totale stanziata). Se a questo aggiungiamo che, talvolta, i "corsi di formazione" sulla multimedialità si sono ridotti a riunioni propagandistiche di software proprietario, possiamo concludere che è mancata del tutto la reale volontà di investire realmente sulle risorse umane, e cioè sul personale qualificato nel settore dell'informatica all'interno della scuola.

Mi chiedo: esiste qualche azienda o ente dotato di strumenti informatici avanzati, di database, di qualche decina di computer collegati in rete, magari con un server WEB che non abbia un amministratore di sistema, uno di rete, uno di database ecc.?

Secondo me, no!

Secondo il Ministero invece nelle scuole non è necessaria la presenza di figure professionalmente preparate e messe in condizione di svolgere queste attività proficuamente e utilmente per colleghi e studenti. Evidentemente si pensa che progettare una rete, amministrare gli utenti, gestire le problematiche della sicurezza, del salvataggio e ripristino dei dati, siano attività semplici, alla portata di tutti, come usare un programma di videoscrittura. Ecco allora che, come spesso accade nelle scuole, ci si appoggia sul "volontariato", cioè sul lavoro di colleghi che si sobbarcano un compito improbo, spesso senza alcun esonero dall'insegnamento, talvolta senza nessun tipo di riconoscimento economico e, cosa più grave, senza avere ricevuto nessuna preparazione specifica. I risultati che si ottengono sono raramente di buona qualità, al di là delle buone intenzioni di chi si cimenta nell'impresa. Si può anzi affermare che un certo modello (sbagliato) di sviluppo e gestione dell'informatica nelle scuole viene favorito dall'ignoranza (in senso di "non conoscenza") dei docenti responsabili delle nuove tecnologie in molti istituti.

E' evidente che fintanto che saranno ritenuti più importanti gli acquisti di computer e di pacchetti software e non la preparazione del personale e la formazione di nuove qualifiche professionali, non si introdurrà mai una vera cultura informatica nella scuola, ma solo una cultura succube e subalterna ai monopoli dell'informatica.

A volte viene il dubbio che al Ministero tutto questo lo sappiano benissimo e che sia proprio questa la logica che vogliono seguire.


Proposte concrete


Oggi però, con l'autonomia scolastica, alcune cose potrebbero essere cambiate dal basso, senza attendere in modo passivo le decisioni del M.P.I. Ecco quindi che in ciascun istituto colleghi sensibili ai temi sopra esposti possono iniziare a "darsi da fare" affinché cambi la politica delle scuole nei confronti dell'informatica e delle nuove tecnologie, in modo che venga privilegiata la valorizzazione delle risorse umane, la formazione professionale dei docenti e siano valorizzati i principi etici, culturali e didattici espressi dal software libero.

Vediamo in proposito qualche possibile proposta concreta:


Nel prossimo numero, affinché non si pensi che questi siano solo bei principi o ideali irrealizzabili, verrà illustrato un esempio concreto di utilizzo del software libero nella didattica, realizzato presso l'I.P.C. "F. Besta" di Treviso.



Fulvio Ferroni (docente di informatica presso l'IPG "Palladio" di Treviso)