DFSG: Linee Guida di Debian per il Software Libero

Debian è un significativo distributore di Linux, con uno statuto, un contratto sociale1 (social contract) e documenti di politica di organizzazione del progetto stesso. Il progetto Debian si è sempre posto obiettivi elevati, per produrre una distribuzione che sia veramente all'altezza del nome e dello spirito di Linux: ogni versione stabile2 di Debian viene rilasciata esclusivamente sulla base della qualità del sistema e dell'assenza di significativi problemi.

Figure 1.1: B. Perens
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Un utente è opportuno che sia a conoscenza della filosofia e ideologia che sta dietro il flessibile e potente sistema Debian, il quale viene (apparentemente) regalato senza contropartita alcuna. Ogni software contenuto in un pacchetto Debian deve essere accompagnato da una licenza che lo possa far definire software libero3. Debian definisce libero un software se la sua licenza soddisfa tutti i punti delle DFSG. Le DFSG sono state la base, con lievi modifiche, di quella che è oggi nota come Open Source Definition ad opera di Bruce Perens (Fig.1.1), uno dei primi ``direttori'' di Debian, dall'aprile 1996 al dicembre 19974.

Per comodità del lettore vengono qui riportate le DFSG (Debian Free Software Guidelines).

1. Libera distribuzione

La licenza di un componente Debian non può porre restrizioni sulla vendita o cessione del software, come componente di una distribuzione di software aggregato, contenente programmi provenienti da fonti diverse. La licenza non può richiedere nessun pagamento aggiuntivo o altra tassa su tale vendita.

2. Codice sorgente

Il programma deve includere il codice sorgente e permetterne la distribuzione sia in forma di codice binario che di sorgente.

3. Opere derivate

La licenza deve permettere modifiche e opere derivate, e deve permettere che esse siano distribuite sotto i medesimi termini della licenza del software originale.

4. Integrità del codice sorgente

La licenza può proibire che il codice sorgente venga distribuito in forma modificata solo se la licenza permette la distribuzione di patch file con il codice sorgente allo scopo di modificare il programma al momento della costruzione. La licenza può richiedere che opere derivate siano designate con un nome o numero di serie diverso da quello del software originale (purtroppo questa clausola è molto tecnica e oscura ma comunque rappresenta un compromesso poco importante: da notare che la GPL non ne ha bisogno per qualificarsi).

5. Nessuna discriminazione contro persone o gruppi

La licenza non può porre discriminazioni verso persone o gruppi.

6. Nessuna discriminazione contro campi di attività

La licenza non può porre restrizioni sull'uso del programma in uno specifico campo di attività. Per esempio, non può proibire l'uso del programma nella ricerca genetica.

7. Distribuzione della licenza

I diritti connessi al programma si devono trasferire a tutti coloro ai quali il programma è distribuito, senza bisogno di istituire licenze addizionali verso terzi.

8. La licenza non deve essere specifica per Debian

I diritti connessi al programma non devono essere subordinati al fatto che il programma sia parte di un sistema Debian. Se il programma è estratto da Debian e usato e distribuito al di fuori di Debian, ma secondo i termini della licenza del programma, a tutti coloro ai quali è distribuito il programma vanno riconosciuti gli stessi diritti di coloro che lo usano in un sistema Debian.

9. La licenza non deve contaminare altro software

La licenza di un software non deve porre restrizioni sulla distribuzione con altro software. Per esempio, la licenza non deve pretendere che altri programmi distribuiti sul medesimo supporto siano software libero.

10. Esempio di (valide) licenze

GPL, BSD, Artistica, sono esempi di licenze che qualificano il software come libero.

Come si vede, Debian favorisce uno scenario digitale aperto e moderno, mentre potenti forze spingono su una tecnologia informatica in possesso di poche multinazionali, capaci di condizionare pesantemente le cosiddette riviste del settore e gli organi istituzionali, negando la condivisione decentrata del sapere alla base della scienza moderna, in nome del massimo profitto.

In Italia esistono norme legislative, anche di recente introduzione, che ignorano i concetti del software libero, di fatto penalizzando questa categoria di software. Non è detto che sia moralmente accettabile, come si sente spesso dire, che come cittadini siamo obbligati a rispettare delle leggi manifestamente ingiuste, anche se come cittadini siamo naturalmente obbligati a sopportare le conseguenze della nostra insubordinazione5. Vorrei qui sottolineare che quando si afferma che Richard Stallman ed altri hanno legalmente sviluppato concretamente l'idea del software libero, ci si dimentica di notare che ciò è accaduto quando Linux non aveva alcuna importanza economica ed era usato da una ristrettissima minoranza; la comparsa di rilevanti interessi economici impedisce tale sviluppo innanzitutto rendendolo illegale o parzialmente inapplicabile mediante l'approvazione di leggi ad hoc .

Su piani diversi da quello legale invece si impedisce tale sviluppo con azioni tendenti a confondere e stemperare l'idea iniziale (tecniche FUD: Fear Uncertainty and Doubt): a tale proposito cito le numerose riviste e i libri con ''tutti i diritti riservati'' che si occupano di Linux (e di Debian) e di informatica; del resto, il concetto di software libero (open source, o comunque si voglia chiamarlo) è in netto contrasto con alcune pratiche di marketing consolidate come l'esclusiva (non a caso chiamata privativa dagli addetti ai lavori) sui diritti di sfruttamento commerciale, sui diritti di riproduzione, sui diritti di distribuzione, che minacciano non solo di vanificare le enormi possibilità della nuova economica riproduzione digitale per la diffusione dei prodotti dell'ingegno umano, ma anche di cambiare cose più antiche come il modo di condurre la ricerca scientifica e la libertà di pubblicazione dei ricercatori sui risultati delle loro ricerche scientifiche6. Se non vi sono circostanze drammatiche legate alla sopravvivenza di una società ``gli scienziati di tutti i paesi dovrebbero opporsi a qualsiasi limitazione della libertà di comunicazione scientifica e di diffusione dell'innovazione tecnologica. Essi si devono impegnare a rispettare le regole di un'etica che sostanzialmente concepisca il lavoro dello scienziato come un'espressione dell'esigenza dell'homo sapiens di comprendere e quella del tecnologo come un'espressione della tendenza dell'homo sapiens ad applicare le conoscenze scientifiche per migliorare le condizioni di vita sue e della sua progenie''.7

Mauro Darida 2006-07-25